Quante favole in poche parole! e pur questo è lo storico cotanto accreditato presso coloro, che sputano tondo, e sedono in scranna nei crocchj letterarj.
(2250) Sono di accordo i politici, che il consumo delle derrate, dopo che alle medesime vi si è apposto un nuovo peso, non corrisponde mai a quello, che si facea prima che si fosse apposto il nuovo dazio, e che perciò i calcoli, che si fanno sulla supposizione che sia per essere sempre il medesimo, spesso falliscono. La ragione è evidente. Comunemente i cittadini, se se n’eccettuano quei pochi che sono ricchi, vivono alla giornata, e spendono quel che si procacciano; laonde crescendo colle nuove imposizioni il prezzo delle cose, ne prendono quel meno, che corrisponde al denaro, che possono erogarvi. Così per via di esempio, colui che prendea per provigione per la sua famiglia quindici rotoli di zucchero, quando valea a due tarini per rotolo, imponendosi un tarino di dazio, e valendo perciò tre tarini ogni rotolo, ne provvede dieci, e non più quindici; e così di seguito. Ecco come il consumo delle cose, almeno di quelle che non sono di prima necessità, decresce a misura, che vengono aggravate di pesi.
(2251) Mongit. Parl. di Sic. t. II, p. 214, e seg.
(2252) Mongit. Parl. di Sic. t. II, p. 223.
(2253) Così si è costumato fino ai nostri tempi, ogni volta che gli ecclesiastici erano obbligati a contribuire cogli altri ai comuni pesi, sul falso principio, che restasse lesa la immunità ecclesiastica, se non precedea il permesso della santa sede.
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