In fatti in tutti i parlamenti ordinarj e straordinarj si osserva per lo più l’atto di protesta del braccio ecclesiastico, che ricerca il permesso di Roma per potere soddisfare, senza pericolo d’incorrere nelle censure, i pesi, che gli venivano imposti: Brachium Ecclesiasticum hujus regni libentissime stat paratum (così dicesi nel parlamento tenuto in Messina l’anno 1537), totis viribus suae Cesareae Majestati servire, et ejus intentionis fuit, et est, velle consentire, offerre, et solvere cum expressa, et praecedente licentia Sanctissimi Domini nostri Papae, et non aliter, nec alio modo, ne pro talibus oblationibus, et solutionibus fiendis incurreret in aliquam censuram ecclesiasticam forte de jure canonico impositam ec. Ma i buoni canonisti, guidati da’ lumi della retta ragione, sono oramai persuasi, che non viene punto lesa la immunità ecclesiastica nelle obblazioni spontanee, che si fanno per agevolare il sovrano alla difesa delle loro persone, e dei loro beni. Da pochi anni a questo tempo non si ricorre più a Roma per avere il permesso di pagare i donativi, avendo così prescritto il nostro re Ferdinando III.
(2254) Mongit. Diario di Pal. t. V, p. 183, e seg.
(2255) Lo stesso pag. 194.
(2256) Lo stesso pag. 190.
(2257) Fra gl’innumerabili traviamenti del signor de Burigny, non dobbiamo lasciare di rammentare il racconto favoloso, ch’ei lasciò registrato intorno alla Sicilia, dapoicchè lo infante Carlo entrò nella città di Napoli. Scrisse egli (Hist. de Sicile P. II, chap. XI, § XVII, pag.
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