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      Uno scrittore palermitano, comunque contemporaneo, ci è sempre sospetto, dove parla di Messina, siccome per una uguale ragione non dee presso di noi meritar fede un Messinese, quando ragiona di Palermo. Oltrecchè fra le supposte grazie ven’erano di quelle, che non era possibile, che si potessero chiedere da persone dotate di senno. Tali sono, per via di esempio, le due, che dimandavano, cioè, che si levasse la statua di Carlo II, e che si demolisse la Cittadella. Dee supporsi, che i Messinesi, gente accorta, fossero più ragionevoli nelle ricerche. Perciò immaginiamo, che se eglino pregarono il re, acciò si degnasse di farsi coronare nella loro patria, si saranno serviti di altri motivi per indurvelo, non già di quello, ch’essendo Messina capo del regno, ivi dovessero i regi ricevere il diadema reale; motivo, che sarebbe stato smentito dal fatto, non potendo eglino allegare uno de’ monarchi, che abbia ricevuta la corona nella loro città.
      (2295) Il Mongitore (p. 64) scrive, che il re Carlo non li guardò mai di buon occhio, e che per aizzarli mostrò sempre una certa propensione per i Palermitani, ciò che contradice al carattere umano, e gentile di questo adorabile sovrano. Il detto scrittore, come più volte si è detto, era così trasportato dallo amore della patria, che quando parlava di Messina, abbastanza appalesava di avere, come suol dirsi, le traveggole agli occhi.
      (2296) In questo libro capo XII.
      (2297) Mongit. Diario di Pal. t. VI, p. 65, e seg.
      (2298) Mongit. Diario di Pal. t. V, pag.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
Appendice - Indici - Note
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1333

   





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