Questa orazione encomiastica con parecchie poesie toscane, e latine, che furono in quella occasione recitate dagli altri accademici, vide la pubblica luce per i torchi di Angelo Felicella lo stesso anno 1740.
      (2353) Mongit. Diario di Pal. t. VI, pag. 258.
      (2354) Quantunque tutti gli uomini, che pensavano giustamente, avessero commendate le cure del sovrano, calcolando i considerabili profitti, che avrebbe potuto ritrarre il commercio da questo trattato, non mancavano nondimeno certi zelanti indiscreti di disapprovarlo. Spacciavano eglino, che non doveano i cristiani trattare coi nemici della nostra religione, quasi che il commercio politico influisca negli affari di religione. Vi furono degli altri disapprovatori, i quali furono mossi da un’altra ragione, cioè da un panico timore, che non potesse agevolmente introdursi la peste nei nostri regni, come se i magistrati destinati alla sanità si dovessero in avvenire addormentare, non più osservando le regole prescritte per tenere lontana la infezione, e come se la pestilenza non vi si potesse recare dalle nazioni cristiane, che trafficano col Turco. In questi dubbj cadde il dabbene canonico Antonino Mongitore nel suo Diario di Palermo t. VI, pag. 282.
      (2355) Mongitore Diario di Pal. t. VI, pag. 281. – Ceremoniale del senato di Palermo, che contiene diverse funzioni sì ordinarie, che straordinarie, fino all’anno 1790, pag. 264.
      (2356) Sebbene le corse dei barberi fossero frequenti nel nostro regno, in tutte quasi le feste, e del pari nelle campagne intorno a Palermo, nondimeno la introduzione delle medesime dentro la città devesi al principe Corsini, il quale assuefatto in Firenze a questo piacevole divertimento, ed osservando quanto la nostra strada del Cassero diritta, e lunga un miglio, fosse adatta al corso dei cavalli, suggerì che fra le altre feste vi si facesse anche questa, la quale eseguita una volta, fu così gradita dai cittadini, che si è sempre replicata ogni anno nelle solennità, che si celebrano per santa Rosalia.