(2357) Lib. II, cap. XX.
(2358) Pag. 18.
(2359) Lo ignorante popolo soffrì di mal animo questi nuovi ospiti, e ne mormorava pubblicamente. Soffiavano nello universale malcontento di soppiatto i mercadanti, che vedevano coll’arrivo di costoro diminuiti i loro profitti. Eccitavano anche la plebe alcuni ecclesiastici, armati di un falso zelo, quasi che negli altri paesi cristiani, e in Roma istessa non vi abitassero gli Ebrei. Tuonava dal pulpito contro gli Ebrei il p. Pepe degli espulsi gesuiti, che presso quei popolani era in grandissima reputazione di santità; e fino vi fu uno inconsiderato cappuccino che ebbe lo ardire di predicare, che durante la dimora degli Ebrei in Napoli, il re non avrebbe avuto successione maschile. Ma trassero costoro a partirsene gl’insulti, che riceveano alla giornata dai lazzaroni, che minacciavano di esterminarli, se mai per caso il sangue di s. Gennaro non si liquefacea.
(2360) Muratori Annali d’Italia all’anno 1740, t. XII, pag. 237.
(2361) Pag. 69, e pag. 179.
(2362) Questa fu la prima volta, sotto il governo spagnuolo, che siasi fatta in idioma italiano la domanda dal vicerè, e siesi abbandonato il costume di farla in lingua spagnuola; e di allora in poi troviamo che la nostra segretaria del vicerè si è sempre servita dello idioma italiano. A nostri giorni abbiamo veduto un altro cambiamento, di cui fu autore il marchese Domenico Caracciolo, che fu poi segretario di stato di S.M. Tolse egli l’uso di far leggere la dimanda al parlamento dal protonotaro, giusta la etichetta spagnuola, ed introdusse la novità di leggerla egli stesso.
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