(Mongitore Parl. di Sic. t. II, pag. 270).
      (2368) A’ 19 di agosto 1742 comparve alla vista del porto di Napoli una squadra inglese, la quale consistea in sei vascelli di linea, quattro fregate, tre galeotte da bombe, e un brulotto. Non sapeasi quale oggetto avesse. Nel giorno seguente smontò dal vascello comandante un uffiziale, spedito dallo ammiraglio, il quale presentatosi al marchese di Monteallegro primo ministro, gli palesò, che se il re non si distaccava dalla lega contro la regina d’Ungheria, e non richiamava tantosto le truppe dalla Lombardia, lo ammiraglio avea ordine di bombardare la città, e di metterla a suolo: e ciò detto, trasse la sua mostra dalla tasca, e gli notificò, che se non gli si dava risposta precisa nello spazio di due ore, sarebbe ritornato a bordo, e si sarebbe eseguito il comando del suo re; ed a misura che passavano i momenti, egli andava replicando al ministro le stesse minacce. Questa temeraria intimazione meritava una vendetta; ma come vengiarsi, se il porto e le spiaggie erano sproviste di artiglieria, e mancavano perfino la polve, e le palle per rintuzzare gli arditi Inglesi? Fu perciò di mestieri soffrire questo insulto, determinarsi alla neutralità, e richiamare le truppe. L’ammiraglio affidandosi alla parola reale, e udendo che già si spedivano le lettere al campo, con cui si ordinava al principe di Castropignano di ritornare, levò le ancore, e fe vela, senza commettere veruna ostilità. Per precaversi in avvenire da un simile insulto, fe tosto il re innalzare dei fortini, e dei bastioni, così al porto, che alla spiaggia, e li munì di copiosa artiglieria, come sono al presente (Muratori Ann. d’Italia all’anno 1742, t. XII, pag.