Ne parla anche diffusamente lo annalista d’Italia all’anno 1744, nel t. XII.
(2376) Presso Mongitore Sic. ricercata t. II, p. 446, e seg.
(2377) Non arrechi ad alcuno meraviglia, che il dispaccio dato in Napoli ai 7 di maggio, siesi promulgato in Palermo dopo tre giorni. Dopo la peste di Messina, per qualche anno le lettere non venivano più col corriere per la via di Calabria, ma si era introdotta la feluga del dispaccio, che recavale da Napoli a Palermo, e da questa città alla corte. Ora quando i venti erano prosperi, accadea allo spesso, che in poco più che ventiquattr’ore, arrivavano le felughe spedite dalla corte, ed apportavano i dispacci sottoscritti uno, o due giorni prima, come alla giornata osserviamo nel tragitto, che fanno ora di dieci in dieci giorni le barche corriere, ossia i pachebotti del re. Considerandosi di poi il gran dispendio, e riflettendosi ch’era più ordinato il corso delle lettere per terra, si abolì l’uso di spedirsi per mare.
(2378) Tit. VI de Contrabandorum Juncta pag. 374, e seg.
(2379) Mongit. Parl. di Sic. tom. II, pag. 285.
(2380) Lo stesso ivi pag. 289.
(2381) Mongit. Parl. di Sic. t. II, pag. 197.
(2382) Tit. IX de Supremo Commercii Magistratu.
(2383) Tre sorti di negoziazioni intorno ai frumenti si sono introdotte nella piazza di Palermo, dove per lo più si fanno le vendite, e le compre di tutti i grani del regno. La prima dicesi alla meta, cioè quando uno si obbliga a vendere una data quantità di grani al prezzo, che sarà prescritto dopo la raccolta da coloro, ai quali spetta, e che chiamasi meta, (che suole per lo più stabilirsi nel mese di agosto). Il venditore riceve nell’atto, che stipola il contratto, dal compratore una porzione di denaro.
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