(2492) La scarsezza dei caci era così grande, che comunque si esibisse ognuno pagarli a qualunque carissimo prezzo, non trovava il modo da provvedersene. Quando nelle botteghe dei pizzicagnoli ne arrivava una piccola porzione per vendersi, era tanto il concorso dei compradori, che per lo più ne sortivano pesti, e malconci, senza tante volte ottenere lo intento. Rammentasi che alla piazza, che dicesi la Fiera Vecchia, nell’anno 1772, essendosi avvicinato uno artefice per ottenere un pezzetto di caciocavallo, a grandissimo stento l’ottenne, ma sortì da quella folla col mantello stracciato; del che ne restò così arrabbiato, che salendo sulla fontana, in cui è la statua di Palermo, gli fregò il mento collo stesso cacio, che avea nelle mani, gridando innanzi alla moltitudine del popolo: Palermo, Palermo, ancor dormi?
(2493) Una delle maggiori angarie, che soffrivano i cittadini, era appunto quella della mancanza del carbone. Si era fatto da taluni un monopolio, per cui si erano impossessati di tutto il carbone, ch’era arrivato, e lo aveano chiuso nei magazzini. Questo genere è necessario, particolarmente agli artisti, che senza di esso non possono operare. Era questo venduto dagli avari monopolisti a tarini ventiquattro la salma, quando il suo consueto prezzo non era, che di tarini otto, di modo che erano costretti a comprarlo il triplo di quel che valea.
(2494) Questa è una circostanza da notarsi. Tante volte chi presiede al senato, trovasi di avere dei debiti, o colla stessa casa della città, o coi particolari.
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