(2507) Nella nota 1. a pag. 634.
      (2508) Questa determinazione fu fatta dal marchese Giuseppe Calderera tenente allora della guardia degli Alabardieri, il quale, sebbene non avesse avuto verun ordine dal vicerè d’ingerirsi in questo affare, purnondimeno, credendo di far bene, distaccò queste pattuglie. Veramente il disordine regnava nel palagio reale. Ciascheduno consigliava, e ciascheduno comandava a suo modo, nè il Fogliani fra tanti diversi avvisi sapea a qual partito appigliarsi. S’egli si fosse arreso al sentimento del castellano interino, che gli palesò la impossibilità di trasportarsi i cannoni, e le munizioni da guerra in quella notte, e gli suggerì che si ritirasse nel castello, dove non avrebbe avuto di che temere, non gli sarebbe accaduto il sinistro, che saremo ora per raccontare.
      (2509) Il numero degli artisti di Palermo, ai quali sono anche uniti dei ceti di altre persone, non è punto indifferente. I consolati erano allora settantadue, e componevano fra garzoni, e maestri intorno a quaranta mila, i quali per l’esercizio della caccia tengono quasi tutti il loro fucile, e sono peritissimi nel colpire al segno. La loro forza era formidabile, imperocchè, oltre di essere in quantità, e armati, aveano in potere le fortezze della città. Oggi per le provvide cure del governo sono privi di questi forti, come diremo, e sono ridotti ad un numero assai minore i consolati, ai quali si sono ancora tolti i principali privilegi che godeano.
      (2510) Fra le proposizioni, che alcuni dello insano popolo aveano fatte, vi era quella, che voleano per vicerè Mr. arcivescovo, ma non si diede loro retta, nè si partecipò questo stravagante pensiero al marchese Fogliani.