(2518) Non può negarsi ch’egli abbia amato estremamente la città di Palermo, e i suoi cittadini, e che perciò la pena più sensibile, che ferito abbia il suo cuore, sia stata il vedersi così barbaramente trattare dai medesimi. Era tanto egli portato per questa città, che avea già risoluto, quando fosse piacciuto al re di sgravarlo dal viceregnato, di fissarvi la sua dimora, e a questo fine avea preso a censo, durante la sua vita, la villa dei signori Velluti di Firenze, che stà nella strada, che conduce a Morreale, dove avea erogate delle somme considerabili per renderla più deliziosa. Andato poi a Messina, come diremo, i suoi discorsi non si aggiravano, che intorno a Palermo, e quando seppe che i cittadini ravveduti del loro errore, aveano chiesto alla corte il suo ritorno, ne restò molto compiaciuto, e avrebbe bramato che il sovrano avesse loro accordata questa grazia. Io sono testimone, qualora lo visitai più volte a Napoli, come egli stesso entrava da sè in discorso di Palermo, e si mostrava lieto a sentirne le notizie.
(2519) La carrozza del vicerè fu salvata dal furore del popolo dal console dei cocchieri, per insinuazione del principe di Palagonia, il quale gli fe capire, che non era dell’onore del suo ceto soffrire, che fosse fracassata, e fu perciò conservata in una rimessa del detto principe. I cavalli restarono sbanditi di qua, e di là, ma la mattina seguente furono ritrovati nel piano di s. Erasmo, e ricondotti alla stalla del palagio reale.
(2520) La casa del duca di Castellana fu liberata da due dei suoi fratelli, che standosi al portone, somministrarono denari, e rinfreschi ai sollevati; sopraggiunse Mr. Filangeri col principe di Cutò, che seppero colle loro maniere trattenerli, e poi venne il collegio dei conciapelli, che molto ama questa famiglia, e credette suo dovere di custodirne i beni.
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