(2524) Veramente le risposte, arrivate dalla real corte sotto la data dei 30 di settembre, erano equivoche. Il marchese Tanucci, scrivendo al senato, alla deputazione del regno, e allo stesso monsignore, esprime il dispiacere del re per i fatti accaduti nei giorni 19, e 20 del mese, disapprova la condotta del duca Fogliani nel lasciare il governo, e poi conchiude, che il re vuole che Mr. arcivescovo supplisca al governo irregolarmente interrotto di codesta popolazione. Quindi era incerto, se la corte parlasse del governo della sola capitale, o di tutto il regno, e se per popolazione intendesse la sola di Palermo, o quella di tutto il regno. Certamente nel dì 30 di settembre dovea sapersi alla corte, che il Fogliani era a Messina, dove era arrivato ai 26 del mese; ma forse il re non avea ancora deciso, se ve lo dovesse lasciare; e perciò il ministro prese lo espediente di servirsi di parole vaghe, che poteano essere soggette ad interpetrazione.
(2525) Oltre a questo denaro dei particolari, Mr. arcivescovo Filangeri ne erogò una considerabile somma colle sue mani. Io, che stava appresso a questo prelato, sono testimonio oculare, che dal dì 20 di settembre in poi il di lui cassiero Antonino li Chiavi gli recava ogni mattina ottanta once, quaranta in oro, e quaranta in argento, e che la sera non solamente, fatto il conto, si trovava che tutta questa somma si era data, ma che monsignore era stato costretto a ricorrere al suo borsellino, per supplire alle limosine private, senza contare le pubbliche, che si faceano giornalmente ai poveri dai suoi elemosinieri, non solo al regio palagio, ma all’arcivescovado ancora; e quelle assegnate dal duca Fogliani, ch’egli volle anche che si fossero continuate.
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