“Quindi vedendosi obbligato da una delle supreme leggi del governo di abolire in cotesto regno il S. Officio, ha dichiarato, che con ciò altra non sia la sua reale intenzione se non che l’innocenza viva sicura sotto la tutela delle pubbliche leggi, ma che ove temerario ardisca taluno di spargere massime erronee, e che possano in menoma parte la purità di nostra sagrosanta religione contaminare, abbia a soffrire tutto il rigore delle pene, che le leggi prescrivono. E perchè possa ciò regolarmente seguire, ha richiamato alla memoria, che ai vescovi fu da Dio affidato il deposito della fede, e a loro unicamente si appartiene di conoscere se alcuna opinione sia eretica, o no, e conforme alla sana dottrina: e che i principi cristiani lasciarono, che oltre a questa nuda cognizione, ed alle pene spirituali, i vescovi stessi nei delitti di eresia procedessero ancora con atti esterni e giudiziariamente contro gli eretici, nella forma però ordinaria, e dalle leggi prescritta.
“Volendo dunque togliere ai suoi vassalli l’occasione di essere ingiustamente oppressi, e che nel tempo istesso i perturbatori della purità della religione, ed in conseguenza della tranquillità dello stato sieno severamente puniti, ha sovranamente risoluto, che si abolisca il Tribunale del S. Officio in cotesto regno, ma che si lasci ai vescovi libero l’esercizio della giurisdizione nelle cause di fede con doversi procedere nelle loro curie innanzi ai ministri delle medesime colla facoltà ordinaria, e colla forma parimente ordinaria, e con doversi osservare nelle processure il rito, e la pratica di cotesto Tribunale della Gran Corte Criminale colla quale si regolano tutte le corti ordinarie del regno.
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S. Officio Dio Volendo Tribunale S. Officio Tribunale Gran Corte Criminale
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