(2620) “I baroni parlamentarj qui sottoscritti, commossi alla inaspettata pubblicazione del real editto del 14 febbraro 1811, in cui s’impone il dazio dell’un per cento sopra tutti i pagamenti, si volgono alla illustrissima deputazione del regno, qual custode delle nazionali prerogative, e si fanno ad invitarla che voglia umiliare al real trono le loro giuste e rispettose rimostranze.
“Per il corso non interrotto di più secoli, e sotto le varie dinastie che l’hanno governata, non ha la nazione siciliana riconosciuto altro mezzo di accorrere a’ bisogni dello stato, se non quello dei donativi offerti per i suoi rappresentanti adunati solennemente in general parlamento. Siffatto modo ha voluto costantemente che fosse osservato, dopo l’augusto Carlo III suo genitore, il re nostro Ferdinando, e ne è stato così geloso conservatore, che convocò nel mese di agosto dell’anno scorso una sessione parlamentaria a solo oggetto di modificare la ripartizione de’ dazii stabiliti nel parlamento del dì 15 febbraro dell’anno stesso.
“Non sanno ora comprendere i baroni parlamentarj quali ragioni siansi potute offerire alla M.S. per determinarsi a rimuoversi da’ principii sinora seguiti.
“Che se per avventura si rinnovino le minacce di nemica invasione, o che si trovano male equilibrati gl’introiti e le spese nella pubblica amministrazione, che si richiegga perciò qualche ulteriore sussidio, perchè la M.S. non degna della usata fiducia i suoi sudditi parlamentarj? Convocati che fossero prenderebbero eglino certamente in matura considerazione le nuove urgenze e non degeneri da sè stessi farebbero gli sforzi più generosi che per loro si potessero.
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Carlo III Ferdinando
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