218. Da tutto il sin qui detto evidentemente si rileva, che la legge ha voluto stabilire una essenziale distinzione fra i bisogni dell’Annona, e la Congrua, e che perciò le disposizioni date per l’una, non possono in alcun modo applicarsi all’altra. Vede adunque il consiglio che per mezzo di tasse non è in facoltà di provvedere a tali bisogni.
“Ma sì fatti bisogni, quando per disavventura arrivano all’estremo, sono stati anch’essi l’oggetto delle cure del parlamento, giacchè al § VII. del cap. I. dei consigli civici si dice, che si permettono bensì gl’imprestiti forzati nei soli casi urgentissimi di decisa carestia. Sarà poi della saggezza del consiglio il conoscere, quali siano le autorità, e i mezzi competenti a determinare, se lo stato attuale, in cui ci troviamo, sia uno degli urgentissimi casi di decisa carestia.
“Rimane per ultimo a proporsi il mezzo degli imprestiti volontarii fruttiferi, da durare per quello spazio di tempo che il bisogno richiederà, ed a ciò crediamo che il consiglio sia interamente autorizzato dal § V. del precitato cap. I. dei Consigli Civici, ove viene prescritto, che appartiene al consiglio lo stabilire quel sistema di pubblica annona che riputerà il più confacente al bene generale del comune. Quest’istesso principio è stato la norma che ha guidato il consiglio in varie precedenti occorrenze e particolarmente allorchè, ad istanza dello Eccmo. Senato, gli accordò con suo decreto dei 10 luglio 1815, la facoltà di prendere a cambii la somma di onze 16000 per compimento di onze 50000 di colonna provisoria precedentemente accordatagli, misura da cui mediante il Paterno zelo e la somma attività di questo Senato, e dell’illustre personaggio che lo presiede, ha la popolazione della capitale ricevuti sì importanti benefizii.
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