“Nel real nome partecipo a V.E. tali sovrane risoluzioni per l’uso conveniente.
“Napoli 5 settembre 1818. – De Medici.”
(2639) Chi fosse desideroso di avere una distinta relazione dell’ultima fine de’ Vardarelli e loro compagni, che venne pubblicata nel Gran Foglio di Sicilia in quell’anno istesso, potrà leggerla nelle parole seguenti: “Quando l’abito è convertito in natura si ha un bel pretendere di richiamar gli uomini alla virtù. I Vardarelli la cui funesta celebrità fu lungamente coronata da fortunati successi, si rivolsero nell’anno scorso al re, ne invocarono la clemenza, ed ottennero generoso perdono. Di straordinario ardimento, avvezzi alle armi, e a durar fatiche e disagi, restituiti alla protezion delle leggi, tolsero essi con giuramento solenne l’impegno di sterminare gli avanzi delle bande che poteano trovarsi ancora nelle contrade, che aveano per lo innanzi essi stessi infestato. I primi loro movimenti fecero credere che sazii di sangue e di oro, e mossi dal bisogno imperioso del riposo, fossero eglino nel fermo proposito di far obliare perfino la rimembranza dei loro misfatti. Ma una vita uniforme, costantemente inceppata da’ legami onde la società si sostiene, mal potea confarsi con uomini abituati al delitto: in breve rammentarono essi i giorni antichi, e trascinati da irresistibile forza aspirarono a conciliare i vantaggi dello stato in cui trovavansi con quello al quale aveano poc’anzi rinunziato. Quindi quel terrore che il solo loro nome incuteva alle popolazioni, quindi gli atti arbitrarii, le violenze, le minacce che accompagnavano la loro comparsa e quella della squadriglia di armigeri della quale era loro affidato il comando, quindi infine la catastrofe della loro morte, la quale fu soggetto di regolare giudizio commeso d’ordine sovrano alla Gran Corte Criminale di Molise.
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