La comparsa di quella forza cominciò a muovere l’intera squadriglia a ribellione. Il distaccamento fu vivamente attaccato: furono diretti quattro colpi di fucile contro il sig. colonnello Sivo, il quale stava tuttora eseguendo la rassegna. Le truppe si disposero a conservare l’ordine pubblico, ad assicurare i rei, ed impedire la strage; malgrado ciò nove armigeri caddero morti, tra i quali il loro capo Premurano, diciannove furono arrestati, e tra essi parecchi feriti; tre nel bollor della mischia si salvarono colla fuga. Tre uomini del distaccamento di cavalleria furon feriti; uno restò vittima della ribalderia e del tradimento di quell’orda d’assassini.
“Nel tempo istesso furon date disposizioni per l’arresto di altra squadriglia che trovavasi in Troja; uno di quegli armigeri il quale erasi salvato colla fuga rimase estinto.
“Pare che i compagni dei Vardarelli sperassero potersi unire ad altri malvagi, e proseguire a turbare la pubblica tranquillità. In quel giorno infatti quattordici assassini a cavallo sboccando dai boschi della Basilicata, passarono l’Ofanto, e scesero nella pianura di Cerignola. Cammin facendo eglino arrestarono tre viandanti, dei quali rilasciarono due perchè poveri, e ritennero il terzo il ricco proprietario D. Paolo Tondi, che quindi trasportarono nel bosco di Cisterna. In quel giorno medesimo comparvero verso Torre-Maggiore le bande di Cellitti e di Ascenso di Chenti.
“Con l’energia e l’attività del ministro di polizia generale, gli ultimi avanzi di banditi, dai quali noi non siamo molestati più d’altri stati d’Europa, spariranno come sparirono i Vardarelli ed i loro complici.
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