Il fenomeno della variazione delle acque, che non è nuovo per cagion della terra accadde ancora dopo il tremuoto del 1693 per le acque dolci di Termini istesso. Le due vene che nella collina detta la Favara, distante di là un miglio circa a mezzogiorno, sgorgano ora una sulla cima, e l’altra alle falde, sorgean una volta ambidue nella sommità, ed erano insieme condotte per uso del pubblico nella parte alta della città d’onde erano per via di docciotti trasportate anche alla bassa.
“Di queste due vene, una a cagion di quel tremuoto che distrusse Catania, deviata e ribassata ov’è oggi, abbandonò l’antico acquedotto. Per lo che mancando una parte dell’acqua al comodo pubblico fu costretto il comune a deviare a sue spese la vena perduta tirandone partito per luoghi bassi.
“Così adunque i due tremuoti lasciarono sulle sorgenti delle acque la loro impronta, e i segni pure della loro direzione. Quello del 1693 venendo da Catania attaccò diritto la collina della Favara, e questo dei 5 marzo la collina del castello, al cui piè sgorgano le acque minerali.
“Un altro fenomeno a parte dell’aumento delle acque termali si manifestò dopo l’ultimo tremuoto. Le acque dei bagni uscirono fangose, e di color di lissivio. Ma anche ciò non dee recare meraviglia; le acque che dalle vasche dei bagni scorrono per acquidotti sotterranei, lasciano al fondo ed ai pareti un sedimento di quel colore, il quale da me raccolto e saggiato cogli acidi fece pronta e vigorosa effervescenza: indizio certo che era carbonato di calce, e soltanto colorato da un ossido metallico.
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