Così l'una, come l'altra maniera d'agire d'un Principe, o che conceda ad ambedue, o che ricusi ad ambedue, è chiamata neutralità. La forza grammaticale, ed etimologica della parola neutro, indicherebbe, che con essa si spieghi il solo caso del non concedere nè all'uno, nè all'altro. Il caso di concedere ad ambedue, vorrebbe la forza della lingua, che si dicesse piuttosto comunità, o accomunamento, il che non è in uso, nè da veruno s'intende così, o si usa sì fatta voce. Pure di quanti abbagli negli scrittori anche più gravi, e di quanti errori nelle determinazioni de' Sovrani, e nelle controversie, che sonosi indi eccitate tra loro, sia stata causa l'oscuro, e doppio senso della voce neutralità, esprimente così il rifiuto, come la concessione ovvero la tolleranza, chiunque sia versato nella storia me ne potrà far buona testimonianza, e l'età nostra ne dà l'esempio maggiore(24).
A me converrebbe adunque imaginare, e coniare qualche nuova parola da mettere a fianco alla vecchia parola neutralità, e restringendo questa al suo solo grammaticale senso di esprimere il ricusar, che ad ambedue i guerreggianti si faccia, destinar l'altra voce, ad esprimere il concedersi qualche atto, o qualche cosa ad ambedue egualmente. Ma se al più temuto degli Imperatori Romani(25) fu a ragione negato l'aver possanza di aggiunger nuove voci in una lingua, quanto meno ne avrò la forza io meschino privato. Il popolo è il solo sovrano delle lingue. Forzato adunque dalla necessità, risolvo di usare in vece dell'ambigua parola neutralità, non una voce nuova; ma esprimere il caso di ciocchè si deve dal Principe neutrale negare ad ambedue i combattenti colle voci imparziale rifiuto, e ciò che si deve accordare colle parole imparziale concessione, o pure imparziale tolleranza.
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