Avvertito questo abuso di voci, che si trarrebbe dietro importanti conseguenze, passo a dire, che se il dover soccorrer gli oppressi fosse sempre un obbligo di giustizia (prendendo questa voce nel suo giusto, ed esatto senso) sarebbe certo, costante, invariabile; ma perchè egli è un dovere di beneficenza, non è tale(49). La beneficenza è un obbligo nascente da quantità spesso variabili, e di diversa misura, come quelle, che sono prodotte da tre diverse ragioni, che debbono concorrervi per produrre l'obbligazione, e tutte tre non sono mai fisse. Vi si richiede imprima l'esame della giustizia, o ingiustizia nelle cause della oppressione, o del danno, che talun soffre(50). L'esame inoltre del grado d'amicizia, e d'affetto dovuto all'oppresso(51). L'esame infine delle forze del soccorrente, e dello sforzo, che abbia a costargli il soccorrere(52). Quando tutte queste tre ragioni si uniscano, e giungano ad esser in quel grado, che i geometri direbbero un massimo(53), il dovere di beneficenza può divenire così forzoso, e stringente, quanto quegli della più esatta giustizia(54). Quindi è avvenuto, che siansi confuse le voci, e l'espressioni da tutti i moralisti, spesso chiamandosi giusti gli obblighi della beneficenza, perchè son giunti al grado di forzosi, e da non potersene l'uomo dispensare. Ma quando non giungano le ragioni componenti il dovere della beneficenza al massimo loro grado, variansi i nomi dell'azione di beneficenza esercitata, e da quello di giustizia (impropriamente dato agli indispensabili, come di sopra ho detto) vanno degradandosi, e chiamandosi or gratitudine, or liberalità, or virtuoso affetto verso gli amici, e i congiunti, or magnanimità, or in fine eroismo.
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