E siccome in veruno degli autori di Dritto Pubblico non s'incontrerà fatto discorso su' complimenti di condoglianza per morte de' Sovrani, o di rallegramento per le nascite, o per le nozze, o altro loro lieto avvenimento, che la dolcezza de' presenti costumi d'Europa ha introdotto non trascurarsi neppure tra' Principi inimici, e guerreggianti, così nemmeno di sì fatti desiderj, ed esortazioni per la concordia, e la pace, a chi del solo Dritto tratta, si convien ragionare. Il Dritto delle genti è materia in tutto diversa da quella, che tra' Sovrani dicesi Etichetta, e tra' privati chiamasi dagl'Italiani il Galateo.
Che se per uffizj di conciliazione s'intendano quegli, che realmente, ed efficacemente a questo oggetto conducono, dirò francamente, che siffatti uffizj non valeranno punto a produrne l'effetto, se unita alle esortazioni non vi sarà almeno una tacita, e remota indicazione (raddolcita poi per quanto si voglia sotto qualunque vogliasi giro, e contorno di parole, e di frasi moderate) di potersi alla fine quel Sovrano, che passa l'uffizio, venire a dichiarare o per un guerreggiante, o per l'altro. Conterrà adunque quest'uffizio una tacita minaccia. Or io credo, che niuno mi contrasterà, che quando un Sovrano non sia nel caso dell'obbligo d'entrar in guerra, non è neppur tenuto a minacciarla ancorchè copertamente. Anzi se la giustizia non richiede da lui la guerra attuale, la prudenza molto più gli vieta le minacce, come quelle, che potrebbero suo malgrado farlo trovar involto, e necessitato a guerreggiare(69).
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