Ogni piccolo lume di senno, e di ragione pareva bastante a risolvere queste questioni prima, che i giureconsulti moderni le avessero colle loro distinzioni, e con nomi nuovi, e strani ottenebrate. È manifesto, che un Sovrano vivente in pace con un altro, finchè non ne riceve alcun torto, come ha libera facoltà di partecipargli la guerra, che è sul punto d'imprendere, e sentire quel, che sù ciò il Sovrano suo amico vorrà rispondergli, così non ha motivo giusto di astringerlo a dire categoricamente se pensi in avvenire di offenderlo. Gli atti di lui pacifici, amichevoli, e giusti debbono rassicurarlo sul presente. Nell'interno de' pensieri poi, e ne' casi del futuro non è concesso ad uom mortale di penetrare. Dunque il volerlo sapere, quanto è impossibile, e vano, tanto è desiderio disobbligante e sconsigliato(74). Qual profitto potrà ritrarsi da somigliante richiesta? Qual maggior sicurezza avrà l'interrogante dopo la risposta avuta? Chi può pensare a romper l'amicizia, potrà forse aver ritegno di dissimulare, e mentire? Che se era già risoluto di romperla subito, i fatti l'indicheranno prima, che la parole. Dunque rispetto alla prima questione è facile risolverla dicendo non esservi dritto, come non vi sarebbe nè urbanità, nè prudenza a voler astringer con minacce i Sovrani amici a dichiarar con parole quel, che saran per fare in avvenire, qualora nel presente in niente contravvengono all'amicizia.
Chiaro è egualmente, che se un Sovrano necessitato a muover guerra, nell'atto, che ne fa note le ragioni ai Principi suoi amici, gl'interroga sull'effetto, e su' sentimenti, che la nuova guerra sarà per produrre in essi, non solo non offende la loro delicatezza, ma dà per contrario un nuovo, e gran contrassegno di sua amicizia: perchè si suppone, che domandi di sapere soltanto, se con quel, che egli imprende a fare sarà per recar loro forse tanta noja, e dispiacere da potergli muovere a raffreddare, o anche a guastar in tutto l'amicizia, che durava tra loro.
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