Mi ricordo aver detto di sopra, che il trovarsi il figlio asceso ad una Sovranità non elettiva, non possa avvenire se non per cessione di ragioni, che val quanto dire donazione del padre(109). Ho anche detto prodursi dalla donazione un obbligo così sacro, e forte di riconoscenza, da non doversi mai dispensare il beneficato dall'entrar in guerra se ne venga richiesto dal donante(110). Quando dunque si vegga il figlio d'un guerreggiante desiderar la quiete della neutralità nel suo distinto, e separato dominio, convien credere esservi il consenso, ed il piacere del padre, che glie l'abbia concesso, assolvendolo da quel dovere, a cui ed il benefizio avuto, e la natural tenerezza lo spingevano.
Finisce adunque la presunzione di quel sentimento di rispetto, che poteva muoverlo a conformarsi alle voglie del genitore per unir le sue forze a quelle di lui, e guerreggiare unitamente. Anzi divien obbligo d'ubbidienza in lui il restar neutrale, giacchè così piace, e conviene al suo padre. Finisce del pari la presunzione del sentimento di fiducia, che l'inciti a ricoverarsi sotto la protezione paterna; poichè colla osservanza esatta della neutralità nulla ha più che temere, ed è assai maggiore la sua sicurezza di quel, che sarebbe impegnandosi nella guerra, della quale (per quanto si vogliano grandi, e formidabili fossero le forze del padre) sono sempre incerti i presagj, e sono spesso strani, ed inaspettati gli eventi. Perciò a me sembra chiarissimo, che non se gli possa negare di restar nella neutralità, nè vi sia motivo giusto d'offenderlo sul solo pretesto della congiunzione del sangue.
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Sovranità
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