Pure egli è avvenuto, che anche in una materia così maneggiata, e rivangata non solo rimanessero oscurità, e dubbiezze, ma nascesse corruzione, ed alterazione non piccola de' veri principj del dritto, e della ragione.
Gli antichi Romani felici, e gloriosi nella perseverante conservazione delle semplici idee della virtù, e della naturale giustizia, non seppero formarsi altro concetto delle alleanze, nè onorarono dell'affettuoso nome di Socii, e di Foederati se non que' popoli, i quali col vincolo d'un trattato eransi obbligati a mostrarsi in ogni occorrenza loro amici, e facendo causa comune con essi riguardar come propria ogni causa del Popolo Romano(151). Ignorarono questa capricciosa, e poco mancò che non dicessi maliziosa distinzione tralle guerre offensive, e le difensive oggi tanto applaudita, e messa in voga ne' trattati Europei(152). Ogni guerra era comune, e con sincera unione di forze, e molto più d'animi, e di consigli fu fatta. Se talvolta ne' trattati fu solo promessa una limitata, e fissa quantità di soccorsi, ciò fu convenuto non per diminuir le offese contro al nemico, ma solo per alleviar il peso all'amico: nè mai cadde in pensiere a chi contro ai Romani, o ai loro socj guerreggiò, che questa limitazion di soccorsi inducesse differenza nel dritto di poter riguardar i due socj come egualmente nemici, ed esposti alle offese del guerreggiante.
Fù egli è vero conosciuto sempre da' sapienti, e da' cultori della pura morale, che quando un socio imprendeva guerra manifestamente ingiusta, l'altro non fosse tenuto a secondarla(153). E certamente una amicizia, ed un patto contro al giusto è per se stesso nullo, e mostruoso.
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