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      Finalmente se avviene, che una nazione abbia più legami di commercio con una delle guerreggianti, che non ne ha con l'altra, nel determinarsi a restar neutrale tra loro non è obbligata punto a diminuire il suo commercio con l'una, o ad accrescerlo coll'altra(184): e sempre la ragione è la sopraddetta, cioè, che la neutralità non fa nuovo stato, ma è solo una continuazion dell'antico, e che fallace è l'assioma de' giuspublicisti di non doversi favorir più l'uno dell'altro, ma solo è vero, che nulla di nuovo di più si possa fare. Non valerebbe l'opporre, che col maggior commercio si cagioni la ricchezza, e la forza d'un popolo, e se gli dia quel denaro, e quel credito pubblico, il quale è nel tempo stesso ed il fedele seguace dell'industria commerciante, ed il maggior nerbo della guerra. Erra chi crede obbligo d'un neutrale il non dover esser in modo veruno cagione di utilità, e di ricchezza ad un popolo guerreggiante. Suo solo dovere (come ho già dimostrato) egli è il non aumentarla durante la guerra. Or chi continua non aumenta. Era noto all'altro guerreggiante quante ricchezze traesse il suo nemico prima della guerra dal commercio d'una nazione anche sua amica, nè se ne chiamava offeso. Mutazione di stato tra quelli non si è fatta: come dunque poi se ne può offendere(185)?
      Dalla concatenazione de' raziocinj del mio discorso ognun vede, che dal sentimento della nostra naturale egualità, ed indipendenza(186) deriva direttamente il primo general dritto d'ogni neutrale di non esser tenuto a cambiar stato rispetto ai due Sovrani suoi amici, che tra loro guerreggino; e per contrario l'obbligo in costoro di tollerare, e non offendersi nel vederlo continuar nell'usato suo stato.


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De' doveri de' principi neutrali verso i principi guerreggianti e di questi verso i neutrali
Libri due
di Ferdinando Galiani
1782 pagine 527

   





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