In quel libro trovano essi ad ogni passo scritto, che ciascuno è padrone ed arbitro della roba sua(272): che la base d'ogni contratto è il libero consenso(273): che il solo consenso fa le vendite e le compre(274), e senza questo la vendita fatta a forza è nulla in se stessa, e nulla ed invalida sempre rimane(275): che naturalmente è libero a tal segno il contratto, ed il prezzo delle vendite, che è lecito sopraffarsi scambievolmente nel prezzo(276), quantunque non lo sia sulla qualità della merce(277); perchè non è mai in se stesso altro il giusto prezzo se non se quello, che la libera volontà de' contraenti ha convenuto(278) di dare alla cosa contrattata.
Al riverbero di questa luce di ragione converranno essi nel sentimento, che non possa ammettersi dritto tra due nazioni indipendenti l'una dall'altra, e messe in stato di pura natura tra loro, nè riconoscenti un superiore di ambedue, di poter l'una astringer giustamente colla forza l'altra a farsi render quegli atti di beneficenza, de' quali sono infinite le varietà delle circostanze, e sempre indeterminati i confini(279). Non valerebbe il dire, che l'uomo debba dare il suo superfluo a chi ne ha bisogno(280). Chi può eriggersi in giudice su d'una nazione indipendente per decidere quale, e quanto sia il suo bisogno, e il superfluo suo quando ella stessa nol decide col metterlo spontaneamente esposto in vendita allo straniere? E chi ha dritto di fissarne il giusto prezzo? voce assurda, e priva di senso chiaro, sotto il manto della quale si vorrebbe ascondere una atroce violenza fatta al dritto di proprietà.
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