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      Neppure in questi casi può dirsi esservi rigoroso dritto d'impossessarsi colla forza di que' generi, che il proprietario ricusasse di dare; ed in vano si ricorrerebbe al solito refugio del dritto di necessità, o, quel che sarebbe peggio, e che pur si trova senza orrore in bocca a molti, al dritto del più forte, dritti, che, non mi stancherò mai di ripetere non esistere tra gli uomini, ma solo tralle belve, e tra chi non s'arrossisce di rassomigliarle(284).
      Ben però è vero, che un rifiuto senza buona ragione dato in questo caso produrrebbe legittimo e forte dubbio di poca amicizia, e di non sincera imparzialità, perciocchè siccome da siffatto inopportuno rifiuto ne avverrà infallantemente or l'andar a vuoto una spedizione, or il disciogliersi un assedio, or l'arrestarsi le marce, or il disloggiar l'armata, e l'abbandonarsi una importante posizione, e talvolta anche il perdersi le battaglie, non è possibile liberar il neutrale dal rimprovero d'aver fatto un rifiuto, del quale non può rendere veruna plausibile ragione, per solo occulto fine di giovare all'altro guerreggiante. In questo caso adunque sarebbe in dritto il rifiutato di trarne giusto sospetto, e quindi dolersene altamente, e dalle doglianze passando alle minacce, venire al fine alle ostilità, ed all'aperta guerra.
      Così non solo avrà dritto il guerreggiante d'occupar per forza i generi senza giusta causa negatigli; ma potrà far tutto quanto ne' limiti di giusta guerra è lecito contro al nemico. Ma ognun vede, che ora mutansi i termini della questione, e non è più un neutrale, ma un nemico alla fine scoverto, e smascheratosi colui, contro di cui si può usar la forza(285).


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De' doveri de' principi neutrali verso i principi guerreggianti e di questi verso i neutrali
Libri due
di Ferdinando Galiani
1782 pagine 527