I. Che un neutrale inopinatamente sorpreso dalla rottura della pace mentre trovavasi egli, o teneva i suoi averi sul territorio d'uno de' guerreggianti, indubitatamente non può esser riguardato come appartenente alla gente, tralla quale trovavasi, ma conveniva concedergli tempo proporzionato a poter allontanarsene: ed in ciò tutti gli autori più sensati convengono.
II. Che il neutrale, il quale volontariamente restasse, o tenesse sua roba stabile o mobile dentro il territorio d'un guerreggiante, in nulla si distingue dal suddito, nè la sua roba da quella de' membri della nazione. Ma quando egli sia stato alieno dal maneggiar l'armi, e dall'offendere, e le robe a lui appartenenti non siano dirette ad uso di guerra, meriterà esser messo nel rango stesso de' fanciulli, delle donne, de' pacifici artigiani, e coltivatori, e dovrà goderne le stesse immunità, e gli stessi riguardi. Quali questi siano secondo le vere regole della giustizia e della ragione, lascerò, che lo dimostrino coloro, che scriveranno sensatamente in appresso de' dritti della guerra, giacchè io non parlo d'altro, che de' dritti della neutralità(358).
Ora mi sarà facile risolvere alcune delle più famose questioni, che rispetto agli esteri neutrali dimoranti nel paese contro cui si fa guerra, sogliono agitarsi.
Si domanda se sia lecito al vincitore ridurli in quella servitù dura, e crudele, che usarono i Greci, i Romani, e tanti altri popoli della terra. Rispondo esser del pari contrario alla natural giustizia il ridurvi ed essi, e qualunque de' nemici anche tra coloro, che impugnarono l'armi.
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Greci Romani
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