La necessità del mio soggetto esigge solo, che io ne additi, e ne contorni, per così dire, i primi, e più generali delineamenti.
Certa cosa è esser diversa assai l'ira dell'uom ragionevole dalla ferità delle belve. L'uomo non è dal suo istinto mosso a divorar l'altro uomo; e se il Cannibalo mangia il nemico debellato, in quest'atto egli è bruto, e non uomo. Se ciò mi verrà concesso come cosa chiarissima, e manifesta, nè bisognosa d'ulterior dimostrazione(389), facile mi sarà poi derivarne tutta la teoria de' Dritti della guerra.
Perciocchè io ne trarrò imprima, che l'ultimo fine d'ogni guerra non sia la vendetta, la stragge, la desolazione, ma ch'egli sia la sottomissione dell'avversario al giusto, ed al dovere ottenuta coll'impiego della forza contro i repugnanti a sottoporvisi.
E perchè tutte le ingiustizie si riducono o a ritenzion di cose non sue, o ad atti dannosi commessi, di cui convenga ristorare il danno, e dar certezza di non più commettergli in avvenire; perciò tutte le ostilità hanno per ultimo fine non la distruzione, e la morte, ma o il conseguir il riacquisto della cosa sua, o la riparazion del danno, o il produrre il pentimento, e la ferma risoluzione a non recidivar nelle colpe(390).
Questo dritto di far pentire (impropriamente chiamato vendetta) è il solo concesso all'uomo ragionevole, e virtuoso: e siccome non si ricupererebbe la cosa propria se nell'atto di rivendicarla per impeto di cieca rabbia si distruggesse, nè si potrebbe sperar correzione di chi restasse dalla morte annientato; è visibile non potersi conseguir il fine di qualunque guerra senza la premura, e l'ansia di conservar, per quanto sia moralmente possibile, le cose, e le persone inimiche o che si vogliano conquistare, o che si abbiano a corrigere, ed emendare(391).
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Cannibalo Dritti
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