Ecco manifestate le mie opinioni sulla più celebrata tralle questioni di dritto publico concernenti i neutrali. Ho circoscritti i confini del dritto contro lo stesso avversario, i confini della rigorosa giustizia verso i neutrali, ed i confini di quell'equità, e di quella convenienza, il mancare alla quale cagionerebbe una irritazione al pari d'una manifesta ingiustizia ricevuta. È tempo di passare a ragionare del particolar commercio di que' generi, che sogliono comprendersi sotto il nome di controbando di guerra.
§. III.
Del commercio particolare de' generi di Controbando di guerra.
Anche questa parte la ritrovo abbondante di sviste, e d'inavvertenze de' giuspublicisti. Taluni infetti dalla scabbie delle citazioni testuali han rammentate le leggi del Codice quasi non avvertendo esser quelle tutte leggi da un Sovrano fatte su' sudditi suoi, che perciò in nulla s'adattano ai doveri tra Sovrano, e Sovrano: ed anco se vi avessero correlazione non meriterebbero di fare autorità. Io, malgrado il pericolo di scandalezzare i legisti, non mi spaventerò di pronunziare, che nel Codice, e nelle susseguenti Costituzioni dell'Impero Bizantino nelle materie riguardanti l'economia generale, la politìa, le finanze, il commercio, tra pochissime buone leggi se ne incontra un mucchio di sciocchissime, opera del capriccio, o dell'inespertezza de' più cattivi Principi, che abbiano disonorato il trono(408). I moderni le hanno però alla cieca venerate indotti in errore dal crederle lavoro de' gran Romani, e dal vederle cucite insieme col capo d'opera della legislazione, e della sapienza umana, quanto è a dir colle Pandette.
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