Stabilirono, che i militi fossero una distinta classe tra' cittadini, eletta, legata dal giuramento militare, e vollero che chiunque non era attualmente milite non potesse legitimamente far guerra ai nemici del Popolo Romano(556). Vollero stipendiati i loro militi, e così tolsero ad essi l'antico dritto sulla preda, la quale appartenne da allora all'erario pubblico, e solo talvolta venne in parte concessa ad essi dalla generosità de' supremi comandanti a misura degli sforzi di bravura, o di sofferenza dimostrati.
Tolte in questo modo le prede ai soldati, ed il dritto ai privati di meschiarsi nelle spedizioni a propria spesa e guadagno, si viddero nascere nuove usanze nel guerreggiare miste d'atti di giustizia, di clemenza, e d'umanità(557). Non sempre si ridussero in servitù i vinti; non sempre si devastarono le provincie; si perdonò ai men resistenti(558); si lasciarono gli averi a molte nazioni sottomesse; ad altre le proprie leggi, ed a taluna finanche un'ombra di Sovranità e di Regno: onde fu, che volentieri esse piegaronsi a mettersi non sotto il giogo, ma sotto la clientela, e il patrocinio del popolo Romano(559). In tale stato era ben naturale, che i Romani non avessero tollerata l'esistenza di que', che noi chiamiamo armatori, cioè di gente, che con privata forza per loro conto, ed a lor talento corrono ad offendere per mare, a rapire, ad insultare il nemico della nazione. Quantunque la maggior forza de' Romani fosse stata la navale, e non la terrestre (come il volgo crede) e le più gravi guerre a cominciar dalla prima Cartaginese fino alla battaglia d'Azio le avessero decise sul mare, pure non mai d'altra forza, che delle navi da guerra si avvalsero.
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