Inoltre a cotesta illegittima avidità non s'aggiunse la sevizie e l'inumanità. Tra Cristiani, e Cristiani si facea guerra alla roba, non alle persone, e per una delle tante bizzarre contraddizioni dello spirito umano si dichiaravan di buona preda le merci, ma non rimanevan prigionieri i proprietarj mercanti, che solevano accompagnarle: anzi non di rado si usava il rilasciar loro il piccolo e più necessario bagaglio. Della qual umanità la vera causa era, che la preda delle ricche merci stuzzicava l'appetito; ma le persone imbarazzavano, costavano ad alimentare, nè si potevano essendo Cristiani ridurre in schiavitù.
Cotesti usi marittimi furono insiem con altri raccolti in un libro chiamato il Consolato di Mare, libro, che la rozzezza, e l'infelicità del secolo convertì subito in Codice di leggi senza ch'egli abbia mai avuto altra intrinseca forza d'autorità, fuorchè per un certo natural buon senso d'equità, che in molte di quelle costumanze traluce. Così si pervenne a riguardar come legge di mare la violazion delle bandiere amiche, ed indipendenti(611).
Correlativa a siffatta illegalità venne fuori subito l'altra, che sulla nave nemica la merce amica non si potette confiscare; ed anche questa divenne una general costumanza(612). A meglio convalidarla contribuì molto l'essersi in quel tempo la più gran parte delle guerre sul mare fatte tra' Cristiani, e i Musulmani: nelle quali guerre i Cristiani si riguardavano non solo come amici, ma come strettamente collegati contro un terribile ed odiosissimo comune inimico.
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