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      (50) Nam (beneficia) nec in vulgus effundenda sunt, & nullius rei, minime beneficiorum, honesta largitio est; quibus si detraxeris judicium desinunt esse beneficia: in aliud quodlibet incidunt nomen. Senec. de Benef. lib. 1. c. 2.
      (51) Quello stesso Cicerone, che indefinitamente asserì esser ingiustizia, colpa, misfatto il non rispingere, e vendicare le ingiurie dell'amico, non potè in altro luogo, tacere d'esser sommamente diversi tra loro i gradi della benevolenza dovuti da noi agli enti della nostra spezie, e diverso il vincolo, che con essi ci lega. Sic enim mihi perspicere videor (disse egli) ita natos esse nos, ut inter omnes esset societas quædam; major autem ut quisque proxime accederet. Itaque cives potiorest quam peregrini, & propinqui quam alieni. De amicit. c. 5. Tanto egli è vero, che la morale è stata parlata sempre più con eloquenza, che con precisione.
      (52) Dabo egenti, sed ut ipse non egeam: succurram perituro, sed ut ipse non peream. Senec. de Benef. lib. II. c. 15.
      (53) Io prendo questa voce in quel senso stesso, in cui un geometra direbbe esser il diametro la massima delle linee, che possono tirarsi da un punto a qualunque altro della circonferenza dentro un cerchio; il che non dinota, che sia grandissima in se, ma solo maggiore delle altre tutte, che se le vanno approssimando in grandezza.
      (54) Gli alimenti dovuti a' più stretti congiunti non sono un dovere di giustizia in se stessi, ma di beneficenza; poichè non riguardano il restituire, o il non toccare ciocchè sia d'altri, ma il dare il proprio ad altrui: pure sono così stretti, che le leggi civili meglio ordinate vi metton mano, e vi astringono i renitenti.


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De' doveri de' principi neutrali verso i principi guerreggianti e di questi verso i neutrali
Libri due
di Ferdinando Galiani
1782 pagine 527

   





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