Nè solo sugli alimenti, ma su di molti altri obblighi di beneficenza han creduto potersi interporre l'autorità delle leggi que' vecchi giureconsulti Romani, che ne' loro responsi, e decisioni ci lasciarono il più glorioso monumento de' progressi allora già fatti nello studio della vera sapienza; della morale, e del gius, il quale coltivato per quindici secoli dopo o non ha fatto maggior cammino, o forse ha rinculato. Per legge si rivocano per vizio d'ingratitudine le donazioni, le manumissioni, si toglie il dritto alla successione. Per legge si punisce la colpa lata, cioè il non prestar l'opera propria dell'attenzione, e della cura dovuta ai beni altrui, come se fosse un dolo, ed una volontà di danneggiare &c. Quindi io non cesserò di maravigliarmi, come al celebre Grozio scappasse dalla penna al libro II. capo 22. §. 16., ove tratta delle giuste cause di guerreggiare, questa indeterminata dottrina da lui in termini generali, e senza restrizioni profferita, che quando taluno, è obbligato a qualche cosa non per effetto della giustizia propriamente così detta, ma per qualche altra virtù, come la liberalità, la gratitudine, la compassione, la carità, siccome non si può tra concittadini farne ricorso al giudice, così tralle Potenze non si può ricorrere alle armi, e quindi ogni guerra intrapresa per il rifiuto di que' doveri ai quali ci obbligano le altre virtù, è guerra ingiusta. La stessa regola da lui presa per sicura guida di riguardar ciocchè praticavasi tra' privati cittadini, lo avrebbe condotto a dire, che in tutti que' casi, ne' quali si potrebbe in un paese di virtuose, e ben ordinate leggi convenire innanzi al giudice chi mancasse ai doveri della obbligatoria, e indispensabile beneficenza, in quegli stessi, tra enti, che non han superiore, nè giudice, è giusta la guerra.
| |
Romani Grozio Potenze
|