Pro Mil. c. 4.
(64) Il Volfio alla parte IV. cap. III. §. 1108. delle sue Institutiones Juris nataræ, & gentium stabilì questa dottrina Gens quælibet alteri cuicumque debet, quod sibi, quatenus altera id non habet in potestate sua, ipsa autem citra neglectum officii erga seipsum hoc alteri præstare potest. Consequenter quæ ad conservationem ipsius, vel ejusdem, ac status ipsius perfectionem conferre potest, conferre debet. Jus tamen ad ea genti alteri imperfectum est, jus autem petendi perfectum, nec ea impediri potest, quo minus petatur, citra injuriam. Indi al §. 1179. ne trae questa consequenza. Naturaliter gentes obligantur auxilia, & subsidia mittere genti bellum justum gerenti, & quocunque modo juvare eam in bello, quantum datur; ut vero jus perfectum ad ea acquiratur, fœdera pangenda sunt utpote sancta inter gentes habenda. È tanto il gruppo delle sconcezze, che in così poche righe si racchiudono, che io son tentato piuttosto a credere d'esser io quegli, che non l'intendo, che a pensare, che il Volfio abbia potuto profferirle. Certamente se in chi domanda vi è perfetto gius di chiedere, farà perfetta ingiuria chi niega. Se poi per gius ha inteso ciò, che più esattamente avrebbe dovuto dir libertà, o sia facoltà, fa ricordare del volgare, e scherzoso detto, che il chiedere, il protestarsi, e il dar di testa al muro son atti leciti a tutti; tanto è diverso l'aver libertà di chiedere, dall'aver dritto a pretendere, e domandare. Ma io non mi straccherò dippiù sopra questo scrittore, non meno, che sulle opere di Samuele Coccejo, ne' libri de' quali chi si darà la pena di meditarvi vedrà risorta, e rinnovata sotto altra sembianza, e sotto diverso, e men aspro suono le celebri voci, e distinzioni degli scolastici materialiter, formaliter, intentionaliter, qudditative, ut sic, secundum quod, ut quò, ut quod, ed innumerabili altre usate da quella gente, che ne' loro astrusi, ed affettati studj badava non ad intendere, ma a dar ad intendere.
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