(109) Alla pag. 92.
(110) Alla pag. 48.
(111) Sono rimarchevoli tralle molte le seguenti espressioni delle leggi Romane.
Filius familias in publicis causis, loco patris familias habetur, veluti si magistratum gerat, vel tutor detur. Dig. lib. I. tit. VI. leg. 9.
Si quis filius familiat sit, & magistratum gerat, patrem suum, in cujus potestate est cogere poterit suspectam dicentem hæreditatem adire & restituere. Nam quod ad jus publicum adtinet, non sequitur jus potestatis. Dig. lib. XXXVI. tit. I. leg. 15.
(112) Pietas enim parentibus, etsi inæqualis est eorum potestas, æqua debetur. Dig. lib. XXVII, Tit. X. leg. 4. Che se generale è questo debito verso le madri, molto più lo è nel caso del figlio di chi, come ultima erede è Sovrana in proprietà. Si riguarda ella allora come un maschio, e non come femmina. Se la sola nazione Unghera con un saggio, e felice solecismo ne fa sentire la distinzione dicendo Rex nostra Maria, o Rex nostra Theresia, non è però, che in qualunque linguaggio non dovrebbe esservi voce, che distinguesse le Regine chiamate così, perchè son mogli de' Re, da quelle direttamente Sovrane, delle quali il marito è chiamato Re solo perchè è loro consorte.
(113) Quid enim tam humanum est, quam ut fortuitis casibus mulieris maritum, vel uxorem viri participem esse? Dig. lib. XXIV. tit. III. leg. 22.
(114) Alla pag. 64.
(115) Le savie leggi de' Romani, che d'ogni parte spirano virtù, e moderazione, non disapprovarono mai, anzi colmarono di lode chi rinunziasse anche al suo più chiaro dritto per amor della quiete, e della pace.
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