Ciò che è veramente superfluo ad un popolo, lo è del pari a tutti. Tali sono le gemme, le porcellane, i merletti, i ricami, i galloni &c. e di somiglianti ornamenti del lusso vi può ben essere l'ardente avidità di possedergli, ma non mai il bisogno. Ma ciò, che ad un popolo è necessario, come è il grano, il vino, l'olio, le legna, i metalli, &c. non può mai dirsi superfluo per altri, perciocchè essendo gli uomini tutti consimilmente organizzati, sono in tutti somiglianti i bisogni. Può, è vero, incontrarsi, che in un tempo sia urgente il bisogno d'una nazione per essergli mancata la ricolta, ed un'altra ne abbia a dovizia. Ma la natura nel variar le vicende delle stagioni, ha disposto, quasi in compenso di tanto rischio, che i generi necessarj all'uomo si potessero tutti per non breve spazio di tempo serbare ad ogni sinistro evento. Come potrà dunque rimproverarsi o d'ingiustizia, o di poca umanità quel popolo, che non dasse ad ogni richiesta, e illimitatamente ciò, che può divenirgli in appresso necessario? Dunque l'equivoco stà nella voce superfluo. Certamente il vero superfluo si dovrebbe concedere, ma niuno suol negarlo, e niuno fece mai folla per averlo, l'altro temporaneo, e accidentale superfluo non è tale; e la prudenza, la saggia economia, e sopratutto la libera disposizione de' possessori ha da prefiggere se, come, e fino a quanto convenga o cederlo ad altri, o serbarlo per se a miglior uopo.
(281) Massimiliano Murena in una sua elegante dissertazione delle publiche, e delle private violenze impressa nel 1766. destina il Cap.
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Massimiliano Murena
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