(282) Ecco le precise parole di questo incredibile insegnamento del Volfio al §. 1098. Genti cuilibet competit jus ad res, quibus indiget ab aliis gentibus, quæ iisdem opus non habent equo prætio sibi comparandas; non vero jus res suas apud aliam gentem vendendi sine consensu ipsius. Non merita certamente una seria confutazione; ma non sarà rincrescevole ai lettori, ch'io scuopra donde sia potuta nascere la bizzarra distinzione tral comprare, e il vendere per forza, decidendo che quello sia lecito, questo nol sia: eccola. Tutte le nazioni in ogni tempo han tenuto caro il denaro, ed oggi più che mai, dacchè il ciarlare sull'economia Politica è il discorso alla moda, si studia, e si raffina a non farlo uscir dallo Stato. Perciò il caso di voler comprare da gente straniera non può mai esser altro che quello d'un urgente bisogno di generi o di prima necessità, o di grande utilità all'uomo. Per contrario si cerca vendere o generi di lusso, o manifatture, o altro, su cui non cada la qualità di grande, e continua utilità. Sicchè l'abbaglio del Volfio nacque dall'aver travisto un barlume di necessità nella brama di comprare, e solo un malizioso desìo d'arricchirsi col commercio, e tirar a se il denaro d'altra nazione, quando si fa premura di vendere. Perciò credette lecito quell'atto, e non questo senza il consenso dell'altro contraente. Ma ciò non diminuisce l'errore, che anzi è tanto più grossolano, quantocchè egli non appoggiò la sua dottrina sul famoso dritto di necessità, ma soltanto sugli obblighi di beneficenza, che tra loro hanno gli uomini, da lui confusi co' dritti di rigorosa giustizia.
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