Eo majora cupimus, quo majora venerunt. Senec. de Benef. lib. II. c. 2.
(294) Dico direttamente, giacchè indirettamente potranno crescer i prezzi o perchè i generi abbian da tirarsi più da lontano, o trasportarsi con maggior sollecitudine, o perchè facciano privazione, e scarsezza a chi gli dà; nè questo incarimento può tacciarsi d'inumanità.
(295) Non è perfettamente costante la teoria delle massime, secondo le quali i giureconsulti Romani decisero tutti i casi degli obblighi di rifazione, o che questa varietà provenga dalle diverse sette, e scuole di filosofi seguite da essi, o piuttosto dalla disadatta e goffa maniera, in cui Treboniano volendo compilare il suo Digesto gli troncò, e gli sbranò. In grosso traspare, che tre azioni diverse accordassero sù questa parte di dritto: l'azione in factum rispetto ai danni avvertitamente fatti: l'azione della legge Aquilia per i casi, ove fosse colpa anche leggerissima, ma non mala volontà: l'azione utile ne' casi, ne' quali neppur colpa vi era.
(296) Ecco per esempio una decisione di legge, nella quale si ammette l'azion di rifazione in un caso perfettamente involontario, e casuale: Qui cum aliter tueri se non possunt damni culpam dederint innoxii sunt: vim enim vi defendere omnes leges, omnia jura permittunt. Sed si defendendi mei causa lapidem in adversarium misero, & non eum, sed prætereuntem percussero, tenebor lege Aquilia; illum enim solum qui vim infert ferire conceditur, & hoc si tuendi dumtaxat, non etiam ulciscendi causa factum sit, Dig. ad Leg.
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Benef Dico Romani Treboniano Digesto Aquilia Aquilia Dig Leg
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