Cotest'uomo (per quanto tra un privato, ed un Principe vi può esser stato di guerra) è divenuto un dichiarato nemico, un offensore: dunque chi lo benefica divenendone alleato esce dall'indifferenza, e dalla imparzialità. Un disertore è sempre uno spergiuro, e quasi sempre un ladro. Accordargli un semplice ricovero, ed un asilo contro all'imminente gastigo per dargli tempo d'implorar la pietà, e l'indulgenza del Sovrano offeso, può esser un atto d'umanità; ma l'ingaggiarlo tra' suoi soldati è lo stesso, che premiarlo, ed applaudire al fatto da lui. Questo è il vero della teoria del dritto, sebbene la prattica universale dell'Europa sia intutto diversa.
(327) Potrebbero dar peso ai miei detti le brevi, ma rimarchevoli parole del giureconsulto Celso [Dig. Lib. XLI. Tit. I. l. 51.], che c'insegnò transfugam jure belli recipimus, dalle quali si argomenta, che solo nello stato di guerra tra due Sovrani si acquistino legitimamente i disertori. E veramente io non saprei dire se i Romani conobbero mai questa spreggevole razza di gente, che dal servizio d'un Sovrano saltellano per capricciosa incostanza, e quasi per puntiglio di vituperosa bravura al servizio d'altro Sovrano amico di quello: sò bene, che dell'acquisto di siffatta canaglia non avrebbero fatto conto veruno. Lo spirito dell'errante cavalleria ha dovuto esser il fonte di questo stravagante prurito d'andare a combattere, ed armeggiare non per attaccamento alla patria, non per fede al suo Sovrano, non per difesa della giusta causa, ma solo per acquistarne una vana celebrità di forza, o di destrezza.
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