Eccone alcune, giacchè mi nausea, e mi dà ribrezzo il riferirle tutte. Primo dicimus hostem reparationi juris nostri resistentem interfici jure posse; adeoque non tantum interfici potest Princeps hostis, qui iniurjam intulit, sed & subditi sive masculi, sive fœminæ, sive senes, sive juvenes, sive militent actu, sive aratores, & mercatores sint, quia sequuntur, & sequi tenentur civitatis judicium, eoque injuriam probant. Siegue indi a poco a dire hoc jus interficiendi non tantum intra modum damni dati, & pœnæ obtinet, sed in infinitum: e poco di poi, & cum omnia liceant in bello, etiam veneno hostem interficere licet. Concede indi res hostiles capere in infinitum, & ultra modum debiti & pœnæ, e conclude, che quia singuli mori debuere, multo magis bona, & jura eis auferri possunt. In mezzo a tanto e così forsennato stravasamento di licenze, in una sola cosa intoppa, e non vuol, che sia permessa, ed è il captas stuprare; quia (dice egli) actui huic naturalis turpitudo inest. Sarebbe egli mai questo divieto anche una spezie di rabbia, contro le donne nemiche?
(355) Ecco su ciò i sentimenti del maggiore ingegno, che illuminò in Italia un secolo di corruttela, di delitti e d'ignoranza.
Ahi Pisa, vituperio de le gentiDel bel paese là dove 'l sì suona,
Poiché i vicini a te punir son lenti,
Muovasi la Capraja e la Gorgona,
E faccian siepe ad Arno in sù la foce,
Sì chè s’annieghi in te ogni persona.
Che se il conte Ugolino aveva voceD'aver tradita te delle Castella,
Non dovei tu i figliuoi porre a tal croce.
| |
Princeps Italia Pisa Capraja Gorgona Arno Ugolino Castella
|