(390) Finis autem belli non est hostium interfectio, sed expletio juris sui. Ejus explendi necessitate resistentes occidis; non repugnantes necare & barbarum, & injustum. Lampredi P. III. c. 13. §. 2.
(391)
Patriam petendo perdis. Ut fiat tuaVis esse nullam? Quin tuæ causæ nocet
Ipsum hoc, quod armis uris infestis solum;
Segetesque adultas sternis, & totos fugamEdis per agros; nemo sic vastat sua.
Quæ corripi igne, quæ meti gladio jubesAliena credis? Seneca Tragico nelle Fenisse.
Antiquos (Macedonum) reges acie bellare solitos, urbibus parcere quantum possent, quo opulentius imperium haberent. Nam de quorum possessione dimicetur tollentem, nil sibi præter bellum relinquere, quod consilium esse? Liv. lib. XXXII. c. 33.
(392) Vedi s. p. 265., e seg.
(393) Quella fioca interna voce d'istinto, che nelle cose di morale parla all'uomo sempre, e l'indirizza al vero, avea già fatto sì, che tutti i popoli, e le nazioni sian culte, o inculte, e fin da' più remoti, e rozzi secoli s'accorgessero esservi varietà grande tra modo, e modo di guerreggiare. Eransi sempre abborriti gl'incendj, i veleni, gli assassinamenti, le devastazioni, le perfidie quantunque usate verso i nemici. Erasi trovata nobile, generosa, virile, ed unicamente lodevole la guerra aperta fatta contro gli armati, e i resistenti, ed erasi biasimata, disdegnata, esecrata la rapacità, la rabbia, l'eccesso, la crudeltà. Insomma assai prima del ravvisarsi con l'esattezza, e precision del linguaggio mattematico la teoria vera del dritto contro al nemico, erasi dal sentimento interno di essa formato un sistema intero d'idee sulle virtù guerriere contropposto agli atti vituperevoli anche tra' nemici, ed erasi resa così potente questa opinione nelle menti degli uomini da valer colla vergogna, e col biasimo ad impor legge, e freno ai vincitori in sollievo de' vinti, e soggiogati.
| |
Finis Tragico Fenisse Macedonum Vedi
|