Perlocchè dovea infallantemente nascere una lunga, calorosa, e cieca disputa sul fatalismo, e sul libero arbitrio da non terminarsi mai se non quando si chiameranno liberi quegli atti, ne' quali la somma delle ragioni esterne impellenti la mente è minore dell'impulso interno e poco comprensibile della nostra organizazione, che chiamasi spontaneità, e si chiameranno atti necessarj quegli, ne' quali l'impulso interno riman vinto dalla forza maggiore delle ragioni, che si presentano alla nostra imaginazione. Ma questo discorso mi menerebbe troppo in là, onde lo riserbo ad altro tempo, e ad altro lavoro. Qui voglio soltanto dire, che il lume interno della ragione già mostrava a tutti esservi alcuni atti di necessità, che in quanto agli effetti si equiparano agli spontanei, ed altri per opposto degni d'esser messi nel rango de' violentati. Perciò le leggi Romane sembrano contraddirsi in questo. E rispetto al caso, di cui ragiono dico, che all'entrar da se un legno in un porto per sue necessità s'adatta la legge, quia quamvis si liberum esset noluissem, tamen coactus volui [Dig. Lib. IV. tit. 2. l. 21.], e per contrario all'esservi condotto arrestato s'adatta la regola di legge nihil consensui tam contrariarium est, quam vis atque metus l. 116. Dig. de reg. Jur.
(540) Cic. De Leg. L. I c. 14.
(541) Della prima spezie è il mar Caspio; della seconda sono i laghi Ladoga, e Onega, il mar Baltico, il golfo d'Arcangel, il Mediterraneo, il mar Rosso, la Baja de Cesapeack, ed altri molti gran golfi del globo terraqueo.
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