Il Gran Signore de' Turchi nel Trattato colle Sicilie del 1740. all'artic. 16. stipulò «che da' lidi appartenenti ai rispettivi Sovrani fino al luogo, che si riconoscono li bastimenti, e dalli bastimenti fin dove si vedrà la terra non si permetterà nè dall'una parte, nè dall'altra, che i bastimenti rispettivi siano perseguitati, o molestati». Quanti esempj mai di bella moderazione e di natural equità daranno ad ogni passo i Turchi ai Cristiani senza aver il piacere di vedersi imitati!
(555) Vetus ac jampridem insita mortalibus potentiæ cupido cum imperii magnitudine adolevit erupitque. Tac- Hist- 1. II. c. 38.
(556) Marci Catonis senis epistola est ad Marcum filium, in qua scripsit se audisse eum missum factum esse a Consule cum in Macedonia Persico bello miles esset. Monet igitur ut caveat ne prælium ineat. Negat enim jus esse, qui miles non sit, pugnare cum hoste. Cic. de Offic. lib. I. c. 2.
(557) Ad hoc populo Romano jam a principio inopi melius visum amicos, quam servos quærere; tutiusque rati volentibus, quam coactis imperitare. Sallust. Bell. Jugurth. c. 109.
(558) Ita majoribus placitum quanta pervicacia in hostem, tanta beneficentia adversus supplices utendum. Tacit. Annal. l. XII. c. 20.
(559) Non intendo però dire, che rimanesse subito interamente tolta la barbarie e la crudeltà dal loro stile di guerreggiare. Di grado in grado, ed a passi lentissimi ciò andava operandosi, secondo che cresceva tra essi la cultura, ed il gusto verso la Greca filosofia: e pure rimase molto avanzo di vecchie opinioni, delle quali la nociva infezione è pervenuta fino all'età nostra.
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