Occorre definire cosa s'intende per «ricettivo», «ordinatore», «creativo». «Ricettivo» implica la certezza di un mondo esterno assolutamente immutabile, che esiste «in generale»; obbiettivamente nel senso volgare del termine. «Ordinatore» si avvicina a «ricettivo»: sebbene implichi un'attività nel pensiero, questa attività è limitata e angusta. Ma cosa significa «creativo»? Significherà che il mondo esterno è creato dal pensiero? Ma da qual pensiero e di chi? Si può cadere nel solipsismo e infatti ogni forma di idealismo cade nel solipsismo necessariamente. Per sfuggire al solipsismo e nello stesso tempo alle concezioni meccanicistiche che sono implicite nella concezione del pensiero come attività ricettiva e ordinatrice, occorre porre la questione «storicisticamente» e nello stesso tempo porre a base della filosofia la «volontà» (in ultima analisi l'attività pratica o politica), ma una volontà razionale, non arbitraria, che si realizza in quanto corrisponde a necessità obbiettive storiche, cioè in quanto è la stessa storia universale nel momento della sua attuazione progressiva; se questa volontà è rappresentata inizialmente da un singolo individuo, la sua razionalità è documentata da ciò che essa viene accolta dal gran numero, e accolta permanentemente, cioè diventa una cultura, un «buon senso», una concezione del mondo, con una etica conforme alla sua struttura. Fino alla filosofia classica tedesca, la filosofia fu concepita come attività ricettiva o al massimo ordinatrice, cioè fu concepita come conoscenza di un meccanismo obbiettivamente funzionante all'infuori dell'uomo.
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