Da un articoluccio di Aldo Capasso nell'«Italia Letteraria» del 4 dicembre 1932 riporto alcuni brani che presentano i dubbi volgari su questi problemi: «Anche da noi è comune l'irrisione verso l'ottimismo umanitario e democratico di stile ottocentesco, e Leopardi non è un solitario quando parla delle "sorti progressive" con ironia; ma s'è escogitato quell'astuto travestimento del "Progresso" ch'è l'idealistico "Divenire": idea che resterà nella storia, crediamo, piú ancora come italiana che come tedesca. Ma che senso può avere un Divenire che si prosegue ad infinitum, un miglioramento che non sarà mai paragonabile ad un bene fisico? Mancando il criterio di un ultimo gradino stabile, manca, del "miglioramento", l'unità di misura. E inoltre non si può arrivare nemmeno a pascersi della fiducia di essere, noi uomini reali e viventi, migliori, che so io, dei Romani o dei primi Cristiani, perché il "miglioramento" andando inteso in un senso tutto ideale, è perfettamente ammissibile che noi oggi siamo tutti "decadenti" mentre, allora, fossero quasi tutti uomini pieni o magari santi. Sicché, dal punto di vista etico, l'idea d'ascesa ad infinitum implicita nel concetto di Divenire resta alquanto ingiustificabile, dato che il "melioramento" etico è fatto individuale e che nel piano individuale è proprio possibile concludere, procedendo caso per caso, che tutta l'epoca ultima è deteriore... E allora il concetto del Divenire ottimistico si fa inafferrabile tanto sul piano ideale quanto nel piano reale (...). È noto come il Croce negasse il valore raziocinativo del Leopardi, asserendo che pessimismo e ottimismo sono atteggiamenti sentimentali, non filosofici.
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