Tutto il progresso scientifico non si è manifestato finora nel fatto che le nuove esperienze ed osservazioni hanno corretto e ampliato le esperienze ed osservazioni precedenti? Come questo potrebbe avvenire se l'esperienza data non si riproducesse anche se, mutato l'osservatore, non potesse essere controllata, ampliata, dando luogo a nessi nuovi e originali? Ma la superficialità dell'osservazione del Camis risulta proprio dal contesto dell'articolo da cui è fatta la citazione riferita, poiché in esso il Camis spiega implicitamente come l'espressione che ha fatto tanto vaneggiare il Borgese possa e debba intendersi in un senso meramente empirico e non filosofico. Lo scritto del Camis è una recensione dell'opera On the principles of renal function di Gösta Ekehorn (Stoccolma, 1931). Si parla di esperienze su elementi cosí piccoli che non possono essere descritti (e si intende anche ciò in senso relativo) con parole che siano valide e rappresentative per gli altri e che pertanto l'esperimentatore non riesce ancora a scindere dalla propria personalità soggettiva e ad oggettivare: ogni sperimentatore deve giungere alla percezione con mezzi propri, direttamente, seguendo minutamente tutto il processo. Si faccia questa ipotesi: che non esistano microscopi e che solo alcuni uomini abbiano la forza visiva naturale uguale a quella dell'occhio normale armato di microscopio. In questa ipotesi è evidente che le esperienze dell'osservatore munito di una vista eccezionale non possono essere scisse dalla sua personalità fisica e psichica e non possono essere «ripetute». Solo l'invenzione del microscopio pareggerà le condizioni fisiche di osservazione e permetterà a tutti gli scienziati di riprodurre l'esperienza e di svilupparla collettivamente.
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