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      È da vedere il testo originale di Engels, per collocare il brano nel suo nesso generale. Il Croce, citandolo, nota tra parentesi che non si tratta di un concetto «peregrino», ma che esso era diventato di senso comune già prima di Engels. Ma non si tratta della maggiore o minore originalità o peregrinità del concetto, in questo caso e per questa trattazione: si tratta della sua importanza e del posto che deve occupare in un sistema di filosofia della praxis e si tratta di vedere se esso ha quel riconoscimento «pratico e culturale» che deve avere. A questo concetto occorre richiamarsi per intendere ciò che vuol dire Engels quando scrive che, dopo le innovazioni portate dalla filosofia della praxis, della vecchia filosofia rimane, tra l'altro, la logica formale, affermazione che il Croce riporta nel suo saggio sullo Hegel accompagnandola di un punto esclamativo. Lo stupore del Croce per la «riabilitazione» della logica formale che pare implicita nell'affermazione dell'Engels deve essere collegato alla sua dottrina della tecnica dell'arte, per esempio, e a tutta una serie di altre sue opinioni che costituiscono la somma del suo effettivo «antistoricismo» e astrattismo metodico (le «distinzioni», il cui principio «metodico» è vanto del Croce aver introdotto nella tradizione «dialettica», diventano da principio scientifico, causa di «astrattezza» e di antistoricismo nella loro formalistica applicazione). Ma l'analogia tra la tecnica artistica e la tecnica del pensiero è superficiale e fallace, almeno in un certo senso.


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Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce
di Antonio Gramsci
pagine 451

   





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