Nei riguardi del "movimento" questo libro è piuttosto disfattista e talvolta fornisce addirittura argomenti alle tendenze che vuole combattere: al fascismo per un gruppo di osservazioni sugli stati affettivi e sui "complessi" (in senso freudiano) degli operai da cui derivano idee di "gioia del lavoro" e di "artigianato" ed al comunismo e fascismo insieme per la scarsa efficacia degli argomenti in difesa della democrazia e del riformismo».
Recensione di Paolo Milano nell'«Italia che scrive» del settembre 1929. Il Milano distingue nell'opera del De Man due apporti: [1°] la massa di osservazioni psicologiche sulle fasi di sviluppo, le deviazioni, le reazioni contraddittorie del movimento operaio e socialista negli anni recenti, una sagace collezione di dati e documenti sociali, insomma: l'analisi dell'evoluzione riformistica delle masse operaie da un lato e dei gruppi padronali dall'altro, secondo il Milano, è ricca e soddisfacente; [2°] e la discussione teorica da cui dovrebbe risultare il «superamento del marxismo» (esattamente, per il De Man, il «ripudio» del marxismo). Per il De Man la filosofia della prassi, nel suo fondo meccanicistica e razionalistica (!), è superata dalle indagini piú recenti, che hanno assegnato alla concatenazione razionale soltanto un posto e neppure il piú ragguardevole nella serie dei moventi degli atti umani. Alla reazione meccanica (!) della dialettica marxistica la scienza moderna (!) ha vittoriosamente (!) sostituito una reazione psicologica, la cui intensità non è proporzionale (?) alla causa agente.
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