Il De Man, egualmente evitando i due estremi di una tattica di presa del potere e di un apostolato esclusivamente idealistico, consiglia una generica educazione delle masse e con ciò si pone fuori di quel socialismo, di cui pure per tutta l'opera si era dichiarato fedele e illuminato seguace».
Nella «Civiltà Cattolica» del 7 settembre 1929, nell'articolo Per la pace sociale (del p. Brucculeri) che commenta il famoso lodo emesso dalla Congregazione del Concilio nel conflitto tra operai e industriali cattolici della regione Roubaix-Tourcoing, c'è questo passo: «Il marxismo - come dimostra nelle sue piú belle pagine il De Man - è stata una corrente materializzatrice del mondo operaio moderno». Cioè le pagine del De Man sono tutte belle, ma alcune sono piú belle ancora. (Dato questo atteggiamento dei cattolici verso la tendenza del De Man, può spiegarsi come Giuseppe Prezzolini, accennando nel «Pégaso» del settembre 1930 al volume del Philip sul Movimento operaio americano, qualifichi il Philip come un «democratico cristiano», sebbene dal libro una tale qualifica non risulti e non sia giustificata).
Nei fascicoli della «Civiltà Cattolica» del 5 ottobre e 16 novembre 1919 è pubblicato un saggio molto diffuso sul libro del De Man. L'opera del De Man è reputata «nonostante le sue deficienze, la piú importante e, diciamo pure, geniale, di quante finora ne annoveri la letteratura antimarxista». Verso la fine del saggio c'è questa impressione complessiva: «L'A. (il De Man), benché abbia superato una crisi di pensiero respingendo, con gesto magnanimo, il marxismo, è tuttavia ondeggiante, e la sua intelligenza sitibonda di vero non è a pieno soddisfatta.
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