La filosofia del Saggio popolare (implicita in esso) può essere chiamata un aristotelismo positivistico, un adattamento della logica formale ai metodi delle scienze fisiche e naturali. La legge di causalità, la ricerca della regolarità, normalità, uniformità sono sostituite alla dialettica storica. Ma come da questo modo di concepire può dedursi il superamento, il «rovesciamento della praxis»? L'effetto, meccanicamente, non può mai superare la causa o il sistema di cause, quindi non può aversi altro svolgimento che quello piatto e volgare dell'evoluzionismo.
Se l'«idealismo speculativo» è la scienza delle categorie e della sintesi a priori dello spirito, cioè una forma di astrazione antistoricistica, la filosofia implicita nel Saggio popolare è un idealismo alla rovescia, nel senso che dei concetti e delle classificazioni empiriche sostituiscono le categorie speculative, altrettanto astratte e antistoriche di queste.
Una delle tracce piú vistose di vecchia metafisica nel Saggio popolare è la ricerca di ridurre tutto a una causa, la causa ultima, la causa finale. Si può ricostruire la storia del problema della causa unica e ultima e dimostrare che essa è una delle manifestazioni della «ricerca di dio». Contro questo dogmatismo ricordare ancora le due lettere di Engels pubblicate nel «Sozialistische Akademiker».
Il concetto di «scienza». La posizione del problema come una ricerca di leggi, di linee costanti, regolari, uniformi è legata a una esigenza, concepita in modo un po' puerile e ingenuo, di risolvere perentoriamente il problema pratico della prevedibilità degli accadimenti storici.
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